La Psicoterapia Integrativa (PI) è un approccio relazionale e intersoggettivo, sviluppato a partire dagli anni ’80 da Richard Erskine. Si fonda sul riconoscimento del valore intrinseco di ogni individuo, sull’importanza della relazione e sul processo di integrazione della personalità e del Sé.

Perché “integrativa”?
Il termine “integrativa” riflette diversi livelli di significato:

  • Integrazione delle teorie:
    La PI attinge a numerosi approcci psicoterapeutici che condividono una visione dinamica e sistemica del funzionamento umano. Tra questi, le teorie psicodinamiche, umanistiche e centrate sul cliente; la teoria delle relazioni oggettuali; la psicologia del Sé; gli approcci cognitivi, familiari e psicocorporei. Fondamentali sono anche l’Analisi Transazionale di Eric Berne, con il suo focus sulle strutture di personalità, e la Gestalt di Fritz Perls, con l’accento sul concetto di contatto.
  • Integrazione dei “domini” della personalità:
    L’obiettivo della PI è favorire un senso di “interezza” interiore, facilitando l’integrazione tra i diversi sistemi della persona: affettivo, comportamentale, cognitivo e fisiologico. Questo processo avviene all’interno di un contesto più ampio che include aspetti sociali e transpersonali (spirituali). Ogni fase della vita viene vista come un’opportunità evolutiva, con specifici compiti di sviluppo, sensibilità ai bisogni, crisi e potenzialità di crescita.
  • Integrazione del Sé:
    Il percorso terapeutico mira ad accogliere e reintegrare aspetti del Sé che sono stati disconosciuti, inconsci o irrisolti, rendendoli parte di una personalità coesa. In questo modo si riduce l’uso di difese rigide o schemi automatici che limitano la spontaneità, la flessibilità nella risoluzione dei problemi, il benessere e la qualità delle relazioni. L’obiettivo finale è tornare a impegnarsi nella vita con un senso di pienezza e autenticità.

Al centro della PI c’è la relazione. Secondo questo approccio, il benessere nasce dalla possibilità di vivere relazioni che rispondano ai nostri bisogni fondamentali. Il disagio psicologico, al contrario, emerge quando tali bisogni restano insoddisfatti. La base di ogni relazione è il contatto: con se stessi e con gli altri.

Come terapeuti, il nostro compito è aiutare il cliente a coltivare:

  • il contatto interno, ossia la consapevolezza dei propri pensieri, emozioni, desideri, atteggiamenti e sensazioni;
  • il contatto esterno, che implica la consapevolezza dell’ambiente circostante e, soprattutto, delle persone che lo abitano.

Come afferma Erskine (1999), il processo di integrazione consente di liberarci dai copioni automatici – fatti di opinioni, decisioni, posizioni e aspettative inconsapevoli – per riscoprire la capacità di entrare in relazione in modo autentico. In questo modo possiamo reintegrare le parti di noi stessi che sono al di fuori della consapevolezza e tornare a vivere in modo spontaneo e creativo.

Questi principi trovano una profonda risonanza anche nella Mindfulness, la cui pratica è centrata sul coltivare un’attenzione focalizzata e una consapevolezza piena del momento presente: sensazioni, pensieri, emozioni, osservati senza giudizio. Vivere consapevolmente, anziché guidati dal “pilota automatico”, è uno degli obiettivi condivisi da entrambi gli approcci.

Infine, va sottolineato come il processo di integrazione coinvolga anche i terapeuti. Solo impegnandoci in prima persona possiamo entrare davvero in sintonia con il cliente e costruire una relazione terapeutica autentica. In questo senso, la Mindfulness si rivela una risorsa preziosa per coltivare la propria “interezza interiore” e incontrare l’altro con presenza e apertura.

Biblio:

Erskine R.G. e Moursund J.P “Psicoterapia integrativa in azione” trad. Italiana (2019)
Erskine R.G., Moursund J.P e Trautmann “Al di là dell’empatia”” trad. Italiana (2022)
Guarrella E.M. “Otto seminari”, 2010