Il termine “Gestalt”, di origine tedesca, può essere tradotto come “forma”, “struttura unitaria” o “configurazione armonica”. Esso si collega a due ambiti distinti ma complementari:
- La psicologia della Gestalt, una scuola teorica nata in Germania negli anni Venti, che ha studiato i meccanismi della percezione e dell’esperienza umana rispetto all’ambiente. Tra i suoi fondatori ricordiamo Max Wertheimer, Kurt Koffka e Wolfgang Köhler.
- La psicoterapia della Gestalt (o Gestalt Therapy, d’ora in avanti PdG), sviluppatasi negli Stati Uniti negli anni Cinquanta nell’ambito delle psicoterapie umanistiche. La PdG integra approcci corporei, esperienziali, relazionali e della psicoterapia del profondo. Le sue radici affondano nel lavoro dello psicoanalista tedesco Frederick (Fritz) Perls, della moglie Laura Posner Perls, e di altri intellettuali come Paul Goodman, Isadore From e i coniugi Polster.
La consapevolezza (awareness) e la presenza (presence) sono al centro della PdG fin dalle sue origini. Pur non includendo formalmente la meditazione come pratica costitutiva, la PdG condivide con la mindfulness l’attenzione al qui e ora e alla dimensione fenomenologica dell’esperienza.
Numerose tecniche esperienziali utilizzate nella PdG mirano a sostenere il paziente nel sostare nel momento presente, l’unico spazio-tempo realmente esperibile, aiutandolo ad accorgersi di sé, del proprio vissuto corporeo ed emotivo, con atteggiamento non giudicante e benevolo.
Diventare consapevoli delle emozioni che si celano dietro i pensieri favorisce il riconoscimento delle dinamiche che generano malessere e permette di chiudere, anche simbolicamente, le gestalt rimaste aperte.
Nel percorso terapeutico, è fondamentale riconoscere la propria umanità, ascoltare il corpo e il suo linguaggio, accettare limiti e risorse, per favorire l’autodeterminazione e il cambiamento di comportamenti disfunzionali, diventando partecipi del proprio destino.
Mindfulness e Gestalt: punti di contatto
In mindfulness si parla spesso di “interrompere il pilota automatico”. Nella PdG si enfatizza la responsabilità individuale nei confronti dei propri desideri e azioni. Entrambi gli approcci promuovono presenza consapevole e esercizio della volontà.
1. Qui e ora
Entrambe le pratiche valorizzano il momento presente.
- La mindfulness invita all’osservazione senza giudizio.
- La PdG esplora “ciò che è”, per portare alla luce dinamiche inconsce e gestalts incomplete.
2. Consapevolezza dell’esperienza
- Entrambe promuovono l’awareness di corpo, emozioni e pensieri.
- La PdG utilizza strumenti esperienziali (come la “sedia vuota”); la mindfulness allena l’osservazione distaccata e l’accettazione.
3. Contatto e confini
- La PdG dà valore al contatto autentico e ai confini sani.
- La mindfulness aiuta a osservare e comprendere le dinamiche relazionali e corporee, rafforzando il senso del limite.
4. Auto-responsabilità
- Entrambe promuovono l’accettazione di sé e delle proprie esperienze.
- La PdG incoraggia a riconoscere il proprio ruolo nelle situazioni; la mindfulness coltiva auto-compassione e accettazione dei limiti.
Presenza, consapevolezza e crescita
Nel testo fondativo Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the Human Personality (Perls, Hefferline, Goodman, 1951), la consapevolezza è centrale. Sebbene non vi sia riferimento alla meditazione in senso buddista, l’attenzione non giudicante all’esperienza diretta riflette la medesima filosofia esistenzialista della mindfulness.
Nel lavoro clinico, la mindfulness può diventare un prezioso alleato della PdG:
- aiuta a ridurre la reattività emotiva,
- favorisce lo spazio di osservazione interiore,
- sostiene l’elaborazione delle gestalt incomplete,
- facilita l’emersione del “vuoto fertile”.
Il Vuoto Fertile
Concetto chiave della PdG, introdotto da Laura Perls, il vuoto fertile è uno stato di sospensione e non-conosciuto che precede ogni nuova forma di esperienza e apre la possibilità di essere creativi. Non è un vuoto passivo, ma uno spazio potenziale di trasformazione.
La mindfulness allena alla tolleranza dell’incertezza, all’apertura al “non-sapere” e al lasciar emergere forme nuove, senza affrettarsi a riempire il vuoto con schemi noti.
Laura Perls, in Living at the Boundary, sottolinea l’importanza del corpo come via d’accesso privilegiata alla consapevolezza. La sua visione integra profondamente l’aspetto somatico e il radicamento nel presente.
Saggezza organismica e trasformazione
La PdG riconosce la saggezza organismica: una capacità innata dell’essere umano di autoregolarsi, integrando mente, corpo, emozioni e spirito in relazione con l’ambiente. Questa saggezza emerge dall’esperienza diretta, non dalla razionalità, e guida verso equilibrio e crescita.
Le tecniche esperienziali della PdG favoriscono l’elaborazione di vissuti intensi e conflitti relazionali, restituendo alla persona la capacità di agire in modo nuovo, più consapevole e congruente.
Fritz Perls poneva grande enfasi sull’esperienza diretta nel “qui e ora”, evitando le elucubrazioni mentali (“seghe mentali”, mindfucking) e promuovendo un contatto autentico con ciò che emerge.
Nel classico Gestalt Therapy Integrated (Polster & Polster, 1973), i coniugi Polster approfondiscono i concetti di awareness e contatto come strumenti di integrazione e trasformazione. Anche qui ritroviamo il tema centrale della sospensione del giudizio e della benevolenza, prima verso se stessi, poi verso l’altro.
In tempi di crescente aggressività individuale e collettiva, ancorarsi al respiro per non reagire automaticamente può rappresentare un primo passo verso un’esperienza più consapevole dell’impermanenza delle emozioni.
Uno sguardo personale
Per me la mindfulness non è solo una tecnica, ma un modo di stare nel mondo e nella relazione terapeutica: con presenza, curiosità e senso di meraviglia, accogliendo il paziente per ciò che è, nel suo manifestarsi autentico.
La PdG ha profondamente influenzato il mio modo di lavorare, centrato su consapevolezza, responsabilità e autenticità. In questo modello, il terapeuta è presente nella relazione con tutta la propria umanità: storia, vissuti, emozioni.
In Awareness, Dialogue, and Process, Gary Yontef evidenzia come consapevolezza, dialogo e presenza siano al cuore del processo terapeutico. È uno dei primi autori gestaltici ad aprirsi a un dialogo con la mindfulness, ponendo le basi per una integrazione sempre più feconda tra queste due vie di consapevolezza.
Come affermava Fritz Perls, il lavoro terapeutico si svolge in un “continuum di consapevolezza”. E la meditazione, nella mia esperienza, apre lo spazio per abitare il “non sapere” insieme al paziente, accogliendo ciò che emerge, momento per momento.
Bibliografia
Perls, F. S. | Gestalt Therapy Verbatim. 1969 |
Perls, F. S., Hefferline, R., & Goodman, P. | Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the Human Personality, 1951. |
Perls, L. | Living at the Boundary: Collected Works of Laura Perls. 1992 |
Polster, E., & Polster, M. | Gestalt Therapy Integrated: Contours of Theory and Practice. 1973 |
Quattrini G. P. | Fenomenologia dell’esperienza. 2007 |
Quattrini G. P. | Per una psicoterapia fenomenologico-esistenziale. 2011 |
Rovatti P. | Abitare la distanza. 1994 |
Yontef, G. M. | Awareness, Dialogue, and Process: Essays on Gestalt Therapy. 1993 |
Santoro P. | SULLA PRESENZA: riflessioni per un’integrazione tra Mindfulness e Gestalt, Pubblicato in- Formazione IN Psicoterapia, Counseling, Fenomenologia n°41 |
Naranjo C. | La via del silenzio e la via delle parole, Astrolabio, Roma 1999. |